04 ottobre 2011

In bubbitatis fundamentus gloriae
Lungi da Bubboni ipotizzare che le cose si possono anche capire, però quello dei musei mi colpisce sempre perché si mettono in contatto mondi che dovrebbero essere separati. Da una parte gli "esperti" e dall'altra la massa dei bubbi che gridano aggirandosi per le sale aspettandosi di essere intrattenuti da roba vecchia o bubba.

Così uno mira a un coso ma scolpito con cento bubbi che cantano tenendo in mano un frutto e sullo sfondo animali che corrono intorno ad una pera, e nel cielo due soli triangolari sormontati da un bue, e nel mare dei pesci quadrati, e nella cornice un intaglio in lingue dimenticate e il santino ti dice tutto sul fatto che una volta era colorato con vernici a base di bubbozinco, ora completamente perse, e null'altro.

Questo è il punto di vista dell'"esperto" che non si occupa minimante dei significati ma solo dei materiali. Non parliamo poi se il coso l'hanno restaurato perché a quel punto interessa solo il restauro e per nulla il coso, neppure in forma dei colori che non esistono più ma che bene o male li avevano ivi appiccicati.

Così miravo a una statuetta con un tizio che sembra sciacciare un bubbo piccolo e rosso (nella foto, come è giusto, il colore è sbagliato). E uno magari pensa che si tratti che una volta, perché la statuetta è vecchia, trattavano male i bubbi piccoli e resta confuso.

Allora metto qui il significato. Sarebbe che il bubbo è alla base di tutte le cose, perché tutte le cose sono bubbe.

Ma ci voleva tanto a esplicarlo nel museo?

 Troppo bubbo!