24 marzo 2009

L'indice della crisi
E' bubbo vedere che ogni tanto qualcuno usa questo o quel dato per sostenere della crisi. In genere chi lo fa è per sostenere che la crisi (financiera) non c'è o, se c'è, è poca. E' un po' un modo bubbo del mondo pre-scientifico di vagare tra statistica ed economia, tra dati di fatto e dati da sondaggio.

Così tutto è buono: c'è coda alla machinetta della metro? Il supermercato economico è senza pane già alle 18? Al bar erano finiti i cruassant già alle 12? Ergos non c'è la crisi, è solo una balla della TV per vendere i giornali o cheddiavolo.

Anche perché, pre-scientificamente, va notato che gli indicatori statistici economici variano nello stesso modo per eventi opposti, se presi uno a uno. Ad esempio il numero di disoccupati scende sia seccè molto lavoro sia se cennè poco. Lo stato è povero sia se ruba sia se è generoso con gli amici, ecc. ecc.

Ad esempio lo stato dà gli aiuti alle imprese per miliardi e miliardi ma contemporaneamente non paga i debiti che ha con le imprese (5 miliardi di euro solo nella regione gianduiotta) e uno poco pratico non capisce perché anziché aiutare con generosità non iniziano a pagare i debiti con giustizia.

Ma i segni della crisi vanno cercati meglio, non nella coda o nel calo di morti d'auto dell'ultimo pontone.

Uno è inequivocabile e bubbo, adatto a chi non vuole considerare mille dati e capire cento trend e percentuali e destagionalizzazioni e normalizzazioni.

Il governo minimizza, dice di capirci qualcosa ed invita ad un cauto ottimismo? Ok, uno inizia ad ipotizzare che ci siano dei bubbi segnali di crisi.
I governi europe* minimizzano, dicono di capirci qualcosa ed invitano ad un cauto ottimismo? Ok, uno inizia a guardarsi le spalle.
I governi mondiali minimizzano, dicono di capirci qualcosa ed invitano ad un cauto ottimismo? Ok, uno inizia a pararsi il cul*!

Troppo bubbo!